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Luce, monumenti e fede per le vie del raso
La Natività e i monumenti della S.O.M.S. di Vizzini.

Agire in questi tempi difficili non è semplice, quando tutto è più buio però la storia insegna che l'uomo diviene migliore, diventa solidale con i suoi simili, prende coscienza di una realtà che a lungo ha ignorato. Una solidarietà, direi semplicemente un "Mutuo Soccorso", quello che la "Società Operaia" volle garantire sin dalla sua fondazione il lontano 5 ottobre 1873, mettendo a chiare lettere nell'art. 3 del suo Statuto: «La Società Operaia ha per iscopo: di promuovere l'Educazione, l'Istruzione, la Fratellanza, l'Unione e il Mutuo Soccorso fra gli operai».

Proprio per rischiarire questi valori fondanti gli ideatori (Michele Agosta e Giovanni Giardinelli) hanno deciso di chiamare a sé i ragazzi del gruppo Rinasciuta Vizzinisi, per avere forze ed idee nuove e coinvolgerli in questa singolare rielaborazione della Natività in chiave vizzinese.
Quale era la soluzione migliore per rappresentare il nostro paese e nello stesso tempo non oscurare il messaggio di vita, oltreché di fede, del Natale? Si è scelto di suddividere la nostra Natività in due livelli: quello superiore in cui dovevano svettare delle riproduzioni in piccolo dei monumenti principali di Vizzini, quello inferiore con la vera e propria fotografia scenica della nascita del Cristo. Perché questa scelta? I monumenti rappresentano l'identità della comunità vizzinese, la sua storia ed il percepirsi dei suoi abitanti nel mondo circostante.
Inizialmente avevamo scelto di privilegiare esclusivamente il Palazzo Comunale in stile tardo barocco con la fatidica scritta «S.P.Q.B.» (Senatus PopulusQue Bidinensis, Il Senato e il Popolo Vizzinese], ma poi ci siamo resi conto che quell'edificio non rappresenta in pieno l'essere vizzinese, ma che in realtà è solamente il "palazzo del potere" e dal comune cittadino è percepito con elementi di contrasto.
La seconda ipotesi era quella di privilegiare una chiesa di Vizzini: ma quale scegliere? Perché dare occasione di inasprimento alla storica rivalità locale tra vitisi (fedeli della Chiesa di San Vito martire) e giuvannisi (fedeli della Chiesa di San Giovanni Battista)? Tutti i monumenti più importanti dovevano esserci, pubblici, ecclesiastici e verghiani (altro importante vanto di questo paese), tutti circondati da una stoffa, una stoffa che sarebbe dovuta essere un raso, che avrebbe dovuto rispecchiare la luce e far risplendere la vita e l'orgoglio vizzinese. Ma alla fine così non è stato, perché il periodo in cui viviamo è opaco per la nostra comunità e non possiamo alterare la realtà, l'anima imperitura del nostro compaesano Giovanni Verga che anela tra le case, le strade e gli stessi monumenti di quella fu l'antica e greca Bedis (lett. «andò due volte», per indicare il suo trovarsi in mezzo ai fiumi Dirillo e Acate) non ce lo avrebbe sicuramente permesso.
Abbiamo scelto di rappresentare i monumenti in un certo modo "spogli", senza strade, senza case, senza vita, poiché ormai è questo che sono, testimonianze del tempo trascorso e non di quello presente. Perché dare fin troppa vita a ciò che effettivamente non lo ha?
D'altro canto abbiamo scelto di curare con particolare attenzione la parte inferiore, la Natività, poiché a differenza di edifici innalzati da uomini, qui si discorre di simboli, sì, figli di un sentimento puro e incorrompibile tramandato da padre in figlio in Sicilia come 'a Ninnarò («il Presepe») e impregnato di Divino. Una Ninnarò pervasa da una luce anticamente intesa come fonte di vita da tutte le civiltà (ricordiamo il culto pagano dell'Alma Venus, «Venere datrice di vita», o quello più famoso del Sol Invictus, «Sole invincibile», o ancora quello egizio del dio Amon) e dal Cristianesimo esaltata come uno dei suoi principali elementi. Una Ninnarò atta a manifestare il più possibile la vita, con l'utilizzo di muschio vivo e con la presenza fortemente voluta dell'acqua incanalata in quello che appare come un torrente, altro simbolo della vita accettato dagli uomini di tutti i tempi, vedi il filosofo milesio Talete che la poneva come arché, ovvero quale principio di tutte le cose, oppure le stesse grandi civiltà che presero vita da questo elemento, come anche la stessa Vizzini sorta tra due fiumi non per nulla. Un elemento che la Cristianità non esitò a percepire come simbolo di vita, ma forse più di rinascita, considerando le vicende di quel Giovanni figlio di Zaccaria ed Elisabetta che battezzava il Popolo di Dio presso il fiume Giordano.

Dietro all'apparenza di quel che si può cogliere solo con gli occhi in questo Presepe, sta un lavorio non indifferente di idee e concezioni che si possono carpire solo usando un po' il cuore e la fantasia. L'idea fondante di tutto questo è però l'aggregazione, il messaggio di solidarietà e di pace che la Ninnarò lancia, nonostante tutto, in questi tempi incerti.
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19/12/2011 | 5105 letture | 0 commenti
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