Licodia Eubea
Bracconieri e inquinamento nuove piaghe del Dirillo
"Business" con i pesci d'acqua dolce, servono controlli
"Business" con i pesci d'acqua dolce, servono controlli
Le carpe sono molto ricercate dall'industria cinese, che le utilizza per la
produzione di mangimi. La popolazione ittica è in pericolo e l'ambiente
naturale viene deturpato dai rifiuti abbandonati dai pescatori.
Le battute di pesca al lago Dirillo rischiano di diventare un lontano ricordo,
così come accaduto per i pic-nic lungo le rive, sempre più deturpate dai rifiuti.
L'invaso artificiale, realizzato nel 1962 a sud di Licodia Eubea, lotta infatti
da anni contro due piaghe diventate emergenze: il bracconaggio e l'inquinamento.
A lanciare il doppio allarme è Francesco Gravina, responsabile della sede di Scordia
del Carp Fishing Italia e delegato provinciale per le acque interne dell'Enalpesca,
da tempo impegnato in una campagna di sensibilizzazione. «La situazione
odierna – spiega Gravina –, rispetto a 4-5 anni fa, è molto cambiata. Parecchi
pescatori, spesso stranieri, hanno "fiutato" il mercato dei pesci d'acqua
dolce. All'estero sono interessati soprattutto alle carpe, che vengono acquistate
dai cinesi per produrre mangime e molto altro. In passato questa attività era
legata solo a scopi alimentari, mentre adesso si pesca per l'industria».
Ciò che spinge i bracconieri così a sud è presto spiegato. «In alcuni Paesi – aggiunge il socio del Carp Fishing Italia –, questo tipo di pesca è punita severamente. In Romania, ad esempio, si rischiano fino a 7 anni di reclusione. Così molti si spostano in Italia».
Non è un caso, dunque, che l'ultima gara di spinning al lago Dirillo, un mese fa, abbia fatto registrare un magro bottino: appena 16 prede (tutte rigorosamente rilasciate in acqua dopo la pesatura) per 30 partecipanti. Oltre al danno, c'è però anche la beffa, perché «non solo vengono usate reti illegali – fa notare Gravina –, ma chi pernotta sulle rive dei nostri laghi beve birra in quantità e abbandona le bottiglie senza rispetto per la natura».
Proprio per questo motivo, l'associazione ha sempre abbinato alle battute di pesca anche le giornate ecologiche, con l'obiettivo di bonificare le sponde dell'invaso. «Negli ultimi 3 anni – sottolinea una nota del sodalizio scordiense – abbiamo raccolto una tonnellata di bottiglie e lattine. I Comuni hanno spesso contribuito alle iniziative fornendoci materiale per la pulizia».
Gravina lancia dunque un appello «alle amministrazioni comunali e all'ex Provincia di Catania, affinché tutelino i nostri laghi intensificando i controlli ed estendendoli anche alle ore notturne. Bisogna salvaguardare le aree naturali come quella del Dirillo, perché sono anche luoghi di interesse turistico, di cui la Sicilia ha bisogno».
Ciò che spinge i bracconieri così a sud è presto spiegato. «In alcuni Paesi – aggiunge il socio del Carp Fishing Italia –, questo tipo di pesca è punita severamente. In Romania, ad esempio, si rischiano fino a 7 anni di reclusione. Così molti si spostano in Italia».
Non è un caso, dunque, che l'ultima gara di spinning al lago Dirillo, un mese fa, abbia fatto registrare un magro bottino: appena 16 prede (tutte rigorosamente rilasciate in acqua dopo la pesatura) per 30 partecipanti. Oltre al danno, c'è però anche la beffa, perché «non solo vengono usate reti illegali – fa notare Gravina –, ma chi pernotta sulle rive dei nostri laghi beve birra in quantità e abbandona le bottiglie senza rispetto per la natura».
Proprio per questo motivo, l'associazione ha sempre abbinato alle battute di pesca anche le giornate ecologiche, con l'obiettivo di bonificare le sponde dell'invaso. «Negli ultimi 3 anni – sottolinea una nota del sodalizio scordiense – abbiamo raccolto una tonnellata di bottiglie e lattine. I Comuni hanno spesso contribuito alle iniziative fornendoci materiale per la pulizia».
Gravina lancia dunque un appello «alle amministrazioni comunali e all'ex Provincia di Catania, affinché tutelino i nostri laghi intensificando i controlli ed estendendoli anche alle ore notturne. Bisogna salvaguardare le aree naturali come quella del Dirillo, perché sono anche luoghi di interesse turistico, di cui la Sicilia ha bisogno».
06/10/2016 | 4652 letture | 0 commenti
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