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Economia
Riflessioni su politica, economia e società
È ormai impossibile nascondere che dietro la crisi economica vi è anche, e soprattutto, una crisi politica, oltre che sociale e morale, come dimostrano gli scandali che la cronaca giornaliera ci offre. Ed è opinione diffusa che gran parte delle azioni di corruzione, illegalità ed immoralità sono ancora da portare alla luce. Alla vigilia delle prossime elezioni per la formazione della classe dirigente vi è la sensazione di una forte sfiducia nelle istituzioni, che allontana i cittadini dalla vita pubblica e dai partiti e li disorienta nella scelta della rappresentanza politica. L'indignazione verso l'ingovernabilità del Paese sta facendo nascere nuovi partiti, nuovi movimenti e nuove figure politiche, che, seppure con l'intento di cambiare al meglio il modo di fare politica, creano nei cittadini uno stato di confusione nella ricerca di parametri di giudizio per esprimere il proprio voto.

Le campagne elettorali spesso sembrano discostarsi poco dall'avidità di potere e dalla struttura dei partiti ma molto dall'impegno concreto verso il ripristino della partecipazione democratica e dell'obiettivo di raggiungere il bene comune, che sono stati a fondamento della Costituzione e della neonata Repubblica. Siamo ben lontani dal pensiero di Alcide De Gasperi, secondo il quale il politico deve guardare non alle prossime elezioni ma alle prossime generazioni.

L'estrema attualità della crisi delle istituzioni democratiche ci impone una riflessione sulla relazione tra politica, economia e società, tre settori le cui dinamiche degli ultimi decenni hanno accelerato verso l'erosione dei principi morali, e dei valori inalienabili in genere, creando una situazione di caos, dove comportamenti politici, economici e civili si intrecciano e formano terreno fertile per nutrire una società connotata dalla competizione, che, quando oltrepassa un sano confronto, strumentalizzando l'oggetto della competizione stessa al fine di raggiungere l'affermazione personale o di categoria, ostacola la civile convivenza, umilia la democrazia e sgretola il rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni.

Bisogna rendersi consapevoli di questa realtà e non sottovalutare che il principio della competizione esasperata in campo politico, economico e sociale, ma anche personale, non è un presupposto della qualità, ma l'espressione dell'individualismo e della ricerca di potere, di privilegi e di rendite di posizione.

Tra politica, economia e società vi è una stretta correlazione che non ci si può permettere di ignorare nel momento di esprimere le proprie preferenze in ambito politico. Che cos'è la politica, se non l'arte di gestire l'economia e la società di un Paese? Il problema vero per un politico non è, o non dovrebbe essere, quello di assicurarsi il maggior numero di consensi elettorali, ma quello di dimostrare di essere all'altezza di questa gestione. Ciò che è importante è innanzitutto avere chiara la meta da raggiungere, il modello socio-economico che si vuole costruire, nell'ambito del quale la dignità dell'uomo deve essere la bussola da seguire. La dignità dell'uomo – come lavoratore, consumatore, imprenditore, genitore, insegnante, ecc. - passa attraverso le problematiche economiche e sociali: dal fisco, al lavoro, all'istruzione, alla salute, al welfare, all'etica; le problematiche economiche e sociali passano a loro volta attraverso la politica.

Fare politica è pertanto un compito che va affidato a chi ha una preparazione integrale - sia dal punto di vista della formazione nella gestione della cosa pubblica che dal punto di vista della responsabilità - che gli permetta di essere coerente, di essere capace di collegare in maniera equilibrata politica, economia e società, di fare delle scelte lungimiranti e, in definitiva, di considerare la politica una missione. Purtroppo il dibattito pubblico si concentra su temi che più facilmente fanno presa sugli elettori, come il fisco e la disoccupazione, offuscando i temi di fondo che si nascondono dietro questi problemi, e da cui bisogna partire per risolverli.

Innanzitutto bisogna rendersi seriamente consapevoli delle trasformazioni verificatesi, a partire dagli anni Ottanta, nell'economia e nella società. Il libero mercato senza regole e il deficit di etica economica e politica è alla base della complessa realtà e delle innumerevoli sfide che oggi bisogna affrontare. È su questi due fronti che vanno concentrati i maggiori impegni, sui quali i diversi schieramenti politici dovrebbero convergere.

Quello etico-morale è un problema vecchio ma sempre nuovo. Ricordiamo che Cavour, nel momento in cui si è formata l'Italia, ha sottolineato che bisognava mandare al Parlamento persone oneste, e nel 1946, quando si doveva procedere verso la ricostruzione post-bellica, Alcide De Gasperi sosteneva che è «invano rifare strutture economiche, ricostruire case e monumenti, compiere con grandi sforzi assestamenti finanziari, se non miglioreremo il nostro popolo nella sua morale». A 150 anni dall'Unità d'Italia il problema dell'etica e della morale è costantemente un problema irrisolto. C'e comunque da considerare che, alla luce della maggiore intensità con cui si verificano gli scandali a tutti i livelli, oggi più che in passato è percepita la necessità di un cambio di prospettiva culturale all'insegna di una rinnovata etica, sia pubblica che privata.

Politica, economia e società, spesso in posizioni conflittuali, devono rendersi consapevoli che si trovano sulla stessa barca in un mare in tempesta, e solo guardando nella stessa direzione e collaborando reciprocamente con spirito di solidarietà possono evitare di affondare. Ma come fare a guardare nella stessa direzione se si è miopi e non si hanno gli occhiali? E cosa fare per collaborare se stiamo pensando di buttare qualcuno dalla barca per salvarci? Non è sufficiente che la politica presenti programmi frammentati, che l'economia continui a privilegiare i massimi profitti, che la società faccia istanze politiche che siano frammentate, corporative e di pressione. È necessario invece che la politica governi a 360°, che l'economia recuperi la sua funzione sociale, che la società faccia istanze di diritti civili e di cittadinanza.

Questo ambizioso, e forse utopico, obiettivo sarà possibile solo se, come sottolinea spesso il Presidente della Repubblica, ci sarà uno "scatto morale e ideale" che faccia recuperare comportamenti politici, economici e sociali all'insegna dell'etica e della solidarietà. Non è per caso che l'Unione europea abbia dedicato il 2013 ai cittadini, con l'intento di includere nel progetto di integrazione europea la dignità delle persone, un segnale di invito ai singoli cittadini di sentirsi membri di una comunità, e come tali sentire propri i problemi degli altri, e quindi un invito alla solidarietà e alla partecipazione attiva alla vita pubblica, nel senso che anche i cittadini hanno il diritto-dovere di fare politica, abbandonando l'individualismo e l'antipolitica a favore di una partecipazione propositiva e costruttiva.

Politica, economia e società formano un circolo che può essere vizioso o virtuoso, dove ognuno ha la sua parte di responsabilità, ma certamente la politica ha un ruolo essenziale in quanto dispone di strumenti che possono orientare verso il vizio o la virtù. Purtroppo oggi politica, economia e società sono pervasi più da vizi che da virtù. Inoltre, la globalizzazione, la deregulation, l'affermarsi di un capitalismo finanziario e di gruppi di potere hanno modificato, riducendolo, il potere delle istituzioni. Pertanto, oggi più che in passato ai politici è richiesto uno sforzo di adattamento alle profonde e veloci trasformazioni economiche e sociali, per evitare il rischio di compromettere la stessa democrazia. Riteniamo che i tempi siano maturi perché sia la domanda politica da parte dei cittadini che l'offerta politica riconoscano con umiltà i propri limiti e comincino a discernere i punti fondamentali per dare l'avvio ad una nuova stagione della politica che stia al passo con i cambiamenti e riacquisti rispettabilità.

Un punto fondamentale è il monitoraggio della propria formazione politica, economica e sociale, dove etica, trasparenza, solidarietà e partecipazione devono essere le parole chiave e gli strumenti da utilizzare perché qualsiasi scelta sia efficace ed efficiente, perché gli interessi diffusi siano tutelati e perché i criteri di giudizio siano condivisi. Forti di questa preparazione sarà poi più facile esternare le proprie convinzioni e non rifugiarsi in dibattiti mediatici, spesso di basso livello.

La "nuova classe dirigente", ha il compito di superare innanzitutto la crisi della politica, che sarà possibile se si è capaci di mettersi in ascolto, di utilizzare metodi rigorosi di buonsenso, di avere come obiettivo di fondo il bene comune e di raggiungere un equilibrio tra politica, economia e società. Un primo passo è quello di approvare con immediatezza la legge sulla riforma elettorale per dare decoro al diritto di voto degli elettori, la legge anticorruzione per dare completezza all'incompiuta di "Mani pulite", la legge antiprivilegi di casta, falso in bilancio e conflitti di interesse, per poi concentrarsi sui tantissimi problemi irrisolti: l'occupazione, la giustizia fiscale, il debito pubblico, i servizi, il welfare state, i giovani, l'istruzione, la ricerca, la famiglia, la povertà, l'evasione fiscale, il volontariato, la costruzione di un'Europa all'insegna della pace e della solidarietà e, non ultimo, la credibilità internazionale, indispensabile in un mondo interdipendente e globale.

L'Italia possiede un'ampia riserva di risorse umane intelligenti, creative e con senso di responsabilità, sia nel mondo politico che economico e sociale, che devono solo dimostrare un senso di appartenenza alla comunità, di uscire dalla mediocrità ed essere maturi per chiedersi, singolarmente, cosa possono fare per la collettività e di concentrarsi più sui doveri che sui diritti. Un proverbio cinese recita: se ognuno pulisce davanti alla propria casa, tutta la città è pulita.
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16/02/2013 | 5428 letture | 0 commenti
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